ROMA. La sua immagine sulle terrazze del Duomo, solo, sovrastato dalle guglie gotiche, con un foglio di carta in mano e gli occhi puntati verso la “Madunina” per pregare per Milano e l’Italia piagate dal coronavirus, ha fatto il giro del mondo. E ha colpito anche il Papa che lo ha ricordato durante l’Angelus di ieri, elogiandolo come «arcivescovo vicino al popolo e vicino a Dio».
Mario Delpini, pastore di Milano, uno dei centri maggiormente colpiti dal Covid-19, tuttavia si schermisce: «Cerco di raggiungere la gente come posso. È una vicinanza mortificata, certamente non quella a cui sono abituato». Al telefono con Vatican Insider, l’arcivescovo commenta la situazione surreale che il Paese vive in questo tempo di chiusure e paure per il presente e il futuro. Prima di rispondere ad ogni domanda fa una pausa, quasi a soppesare ogni parola. Solo in un punto risponde di getto: è da «pagani», dice, pensare a un Dio arrabbiato che manda castighi, da calmare con la preghiera.
Eccellenza, lei l’11 marzo è salito in cima al Duomo a pregare la Madonna. Il Papa ieri è uscito per le strade di Roma per andare da un crocifisso che liberò la città dalla peste. Perché questi gesti forti? Bisogna supplicare Dio perché, come dicono certi predicatori, è Lui a mandare il flagello del virus?
«Queste sono teorie su Dio che non so da dove vengano e che non condivido. La preghiera non serve a chiedere a Dio di togliere un castigo che Lui stesso ha mandato, non abbiamo un Dio arrabbiato che deve essere calmato. Mi sembra questa un’immagine molto pagana. Noi preghiamo il Dio di Gesù Cristo, che ha inviato suo Figlio per salvare non punire. Lo preghiamo per chiedergli il dono dello Spirito che ci dia forza, intelligenza, solidarietà per attraversare questo momento e cercare di vincere il male con il bene».