Ogni sera, intorno alla sei e mezzo, il portone della chiesa di Merone si spalanca. E, attraversando da solo l’intera navata, arriva sul sagrato il parroco don Marco Zanotti. Ha appena terminato la Messa del giorno, celebrata «senza popolo». Indossa i paramenti liturgici e in mano ha un piccolo ostensorio che accoglie l’Ostia appena consacrata.
Dalla soglia benedice con il Santissimo l’intero paese in Lombardia bloccato dal coronavirus: 4mila anime in provincia di Como ma nell’arcidiocesi di Milano.
Tutti i giorni lo stesso atto, da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria e sono state sospese le celebrazioni aperte alla comunità. «Se è vero che l’Eucaristia è la fonte e il culmine della vita cristiana, allora è anche la nostra medicina dell’anima in un momento così grave», racconta don Zanotti. Nulla di scaramantico, anzi. «La scelta di benedire alla sera la popolazione è un modo per mostrare alle nostre genti che il Signore è con loro – dice il sacerdote – . Tutto è nato in maniera semplice: di fronte al blocco delle celebrazioni imposto dal virus, ci siamo chiesti che cosa potevamo fare». Ecco il piccolo gesto quotidiano. Quando avviene la benedizione, anche le campane suonano. E alle finestre delle case si vedono in tanti farsi il segno della Croce. «È un modo per abbracciare la comunità – ammette il parroco – . Ed è la preghiera che la unisce. Sa che cosa mi hanno detto anche quelli che sono lontani dalla vita ecclesiale: “È questo che ci aspettiamo dalla Chiesa”. Sì, la Chiesa è sempre accanto a tutti, soprattutto nelle difficoltà. E rifugiarsi nell’Onnipotente non è espressione di debolezza, ma di forza che ci ristora».
Il rito che don Zanotti compie non è certo un’eccezione nell’Italia piegata dal contagio. Dalle adorazioni straordinarie alle benedizioni “speciali”, dalle corone del Rosario consegnate nei paesi alla riscoperta di crocifissi “miracolosi”, le comunità si affidano alla preghiera come antidoto al male. E la accompagnano a pratiche di pietà popolare che, come ha profeticamente detto papa Francesco, sono come «un sistema immunitario». Intercessioni e suppliche che comunque non soppiantano la medicina o la scienza. Del resto la storia ci consegna reti “oranti”, talvolta apripista di miracoli o fatti inspiegabili, che sono state tessute in mezzo a epidemie, calamità, sciagure. Tutto ciò «mostra una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere», scriveva Paolo VI nell’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi. Ne sono ben consapevoli i vescovi italiani che in molte diocesi consigliano di esporre nelle chiese il Santissimo per l’adorazione eucaristica o di valorizzare il Rosario «con l’intenzione di invocare la grazia della guarigione dei malati». Come a dire: la comunità ecclesiale non chiude mai.